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Festa dei cjarsòns

Sutrio (Friuli Venezia Giulia)
Prodotto Tipico: Ravioli di pasta di patate
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Nel cuore pulsante della Carnia, incastonato tra le maestose vette incontaminate del Friuli-Venezia Giulia, il pittoresco borgo di Sutrio si anima ogni anno, tradizionalmente la prima domenica di giugno, per celebrare una delle sue tradizioni gastronomiche più affascinanti e sentite: la Festa dei Cjarsòns. Questo evento non è una semplice sagra, ma un vero e proprio viaggio attraverso i sapori, la storia e l’identità di un intero territorio.

I cjarsòns sono molto più di un semplice piatto: rappresentano un autentico simbolo identitario della Carnia. Si tratta di una sorta di raviolo, la cui peculiarità risiede nella straordinaria varietà della sua ricetta, che muta da valle a valle, da paese a paese, e persino da famiglia a famiglia, custodendo gelosamente segreti e tradizioni tramandate di generazione in generazione. Il loro ripieno è un sorprendente e armonioso mosaico di sapori, un equilibrio spesso audace tra il dolce e il salato: ricotta fresca e affumicata, un’ampia gamma di spezie ed erbe aromatiche spontanee raccolte sui prati alpini, frutta secca come noci e uvetta, mele, pere, talvolta persino cioccolato, biscotti sbriciolati, spinaci, patate lesse, cipolla appassita, carrube e molto altro ancora. Il tutto viene avvolto in una sottile sfoglia di pasta, che può essere a base di patate o di farina di grano tenero, e tradizionalmente condito con burro fuso e l’immancabile ricotta affumicata grattugiata (la celebre scuete fumade).

L’origine dei cjarsòns affonda le proprie radici nel XVIII secolo, legandosi indissolubilmente alla figura dei cramârs. Questi intraprendenti venditori ambulanti di spezie, tessuti e altre mercanzie attraversavano le Alpi per commerciare nei paesi germanici e dell’Europa centrale. Al loro ritorno a casa, spesso dopo lunghi periodi di assenza, le donne utilizzavano con ingegno e creatività ciò che era rimasto nei cassetti delle loro “crassigne” – le caratteristiche cassettine di legno che i cramârs portavano a spalla – insieme ai prodotti poveri dell’orto e della stalla. Così nasceva un piatto inizialmente povero, figlio della necessità e dell’ingegno, ma incredibilmente ricco di storia, profumi esotici e preziose contaminazioni culturali, testimone di un passato di scambi e fatiche.

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